CULTURA RUSSA

Cantautori russi. Бардовская песня.

I bardi erano un gruppo di cantautori dell'URSS il cui stile era originariamente influenzato da chanson e folk.

Nella tradizione classica, la musica bardica è poesia narrativa accompagnata da una chitarra suonata dal cantante. Sebbene vario, il genere è più associato a canzoni che nascondevano commenti sociali e politici all'interno di allegorie e metafore.

La maggior parte della sua musica è stata diffusa attraverso registrazioni e copie fatte dai fan. Anche se non ufficialmente sostenuto dalle autorità, molti nelle più alte sfere del potere sovietico ascoltavano e apprezzavano la musica. Dalla caduta dell'URSS, molti nuovi artisti hanno continuato il genere e le sue tradizioni.


Vladimir Vysotsky (Владимир Высоцкий) fu una delle figure più celebri della scena culturale underground sovietica. Egli è meglio conosciuto come un cantante russo, performer, e poeta e uno dei fondatori della tradizione sovietica bardica, ma è stato anche una fonte di ispirazione per molti membri della società sovietica che erano in disaccordo con le politiche del regime degli anni ’70 di stagnazione  (in russo “застой” - “zastoy”) di Leoníd Bréžnev, ma non erano in grado di dissentire apertamente o politicamente.

Vysotsky è nato fuori Mosca nel 1938 ed è cresciuto principalmente a Mosca. Ha iniziato a scrivere poesie e canzoni quando era giovane, e la sua carriera artistica è iniziata quando ha frequentato il Teatro d'arte di Mosca (МХАТ) dal 1956 al 1960, dove ha studiato recitazione. Ha poi iniziato una carriera di attore di grande successo, che le autorità sovietiche hanno accettato. Il suo ruolo più famoso è stato Amleto, ma ha recitato in molti altri ruoli teatrali e cinematografici.

Eppure ha superato i suoi talenti recitativi nel canto e nella scrittura di canzoni, che le autorità sovietiche hanno condannato. Le sue prime canzoni apparvero anche nel periodo in cui finì la scuola: la sua prima canzone è solitamente considerata “Tattoo” (“Татуировка”), del 1961.

Anche se ha continuato a recitare in teatro da quel momento in poi, la sua musica e la poesia sono stati probabilmente il suo obiettivo primario. Nessuno del suo album musicale è stato ufficialmente pubblicato in URSS fino alla fine degli anni '80, ma i suoi dischi fatti in casa sono stati diffusi underground già da prima, e si è anche esibito in club musicali. L'argomento palese della maggior parte delle sue canzoni era la vita quotidiana sovietica, che spesso ridicolizzava satiricamente, ma la sua musica era principalmente riconosciuta dal popolo perché mostrava alle autorità morale e coscienza.

Morì a 42 anni per un attacco di cuore, il risultato del suo bere, e dopo la sua morte molte raccolte della sua poesia e dischi sono stati pubblicati in URSS e all'estero. Ora ci sono numerose strade, musei e monumenti in suo onore in tutta la Russia e in altri paesi. Molti poeti e cantanti sovietici e russi lo annoverano tra le loro maggiori influenze, e molti film e libri sono stati fatti e scritti su di lui.

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Viaggio a SvetoRusye 15-26 agosto 2019

Già da più di 20 anni si realizza con successo l'idea di stabilire la proprietà terriera nelle campagne della Russia.

Proprietà terriere (in russo Родовые поместья) sono gli eco villaggi stabiliti dalle famiglie russe volontari con lo scopo di far rivivere un modello antico di vita tipico della storia russa.

Noi insieme ai fondatori dell'insediamento della proprietà terriera SvetoRusye (in russo “СветоРусье”) abbiamo creato il viaggio di 12 giorni pieno di creatività, vivace, interessante e positivo.

Durante il nostro soggiorno nell’insediamento possiamo immergerci in uno stile di vita russo tradizionale per scoprire l’identità e la vera anima russa

15-26 agosto 2019

Per 12 giorni di soggiorno nell’Insediamento:

·         Riceverai l’opportunità di familiarizzare con l'idea della proprietà terriera

 ·         Farai numerose magnifiche escursioni nell'insediamento di SvetoRusye. Visiterai i luoghi di Forza spirituale dove si sente una grande spiritualità

 ·         Potrai vedere le lavorazioni artigianali secondo i metodi antichi

 ·         Parteciperai ai giochi popolari, girotondi giganteschi (in russo, chorovod), "ruscelli", ballo di coppia e circolare, combattimenti per i giovani

 ·         Proverai l’indimenticabile "Percorso dell’avventura". Giocherai insieme ai russi a calcio, pallavolo e cricket (in russo, lapta), perché i giochi sportivi fanno parte integrante della vita dei coloni

 ·         Di sera ti aspetteranno le serate tradizionali o falò con i canti, le conversazioni e i racconti delle favole russe

 ·         Al termine del programma sarà proposta una grande festa dedicata all’anniversario dell'insediamento. Per la parte che rappresenta la storia della creazione dell’insediamento, saranno proposte delle manifestazioni musicali, danza, teatro e spettacoli per bambini

 ·         Inoltre verrà allestita la Fiera con i prodotti degli artigiani di SvetoRusye e di altre regioni russe

 ·         E, come nella tradizione russa, tutti gli ospiti riceveranno dei regali memorabili

Apri il tuo animo alla vita tradizionale russa attraverso la visita inedita a SvetoRusye in 12 giorni indimenticabili nel periodo di Ferragosto.

 SARAI DEI NOSTRI? TI ASPETTIAMO!

 Ecco la foto di SvetoRusye!

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La Festa di Pasqua in Russia

Secondo la mentalità del popolo russo nella Festa di Pasqua risorge la Madre natura, sontuosa, come la signora (in russo ”барыня”), discreta come la vergine, nel suo ordine ecumenico. 

La Pasqua si considera una festa famigliare. Quest'anno si è festeggiata Domenica 8 aprile 2018 come per la nostra tradizione in famiglia. 

Ecco perché abbiamo celebrato la Pasqua Russa in atmosfera tradizionale, con il cibo, la musica e la danza etnica fra gli amici russofili e gli studenti dei nostri corsi. 

Sull'ampio terrazzo con splendida vista panoramica su San Pietro in zona Gregorio VII, abbiamo radunato 25 persone provenienti da diverse nazioni tra cui Brasile, Giappone, Spagna, Svezia, Italia e Russia. 

Il menu servito a tavola dalla nostra cuoca professionista Oksana Iarmosh prevedeva piatti tipici russi pasquali come: 

  • Uova ripiene (in russo ”фаршированные яйца”
  • Insalata russa (in russo ”салат «Оливье»”)
  • Insalata di aringhe (in russo ”салат "Под шубой")
  • Frittelle con riso e pollo (in russo ”блинчики с рисом и курицей”

Tutti accompagnati dalla panna acida (in russo ”сметана”)

Come gran finale del banchetto pasquale abbiamo servito panettoni (in russo ”куличи”) e le uova dipinte. 

Dopo aver gustato le pietanze pasquali abbiamo gradito lo spettacolo dei balli tipici russi (offerto dalla fantastica ballerina dei balli gypsy Elisaveta Ershova). Una vera espressione dell'anima del popolo russo, coraggioso e pieno di vita, che ama divertirsi e giocare.

E non sono mancate le sorprese in questa serata! É stata organizzata una mini lezione di danza popolare russa per i nostri ospiti. Il gruppo è stato diviso in due parti. Le ragazze hanno indossato i nastri colorati sulla testa (al posto della corona tradizionale russa ”kokoshnik”) e hanno eseguito la forma principale di danza Pliaska che consiste in passi con flessioni e alzata in punta di piedi. Poi si sono presi per mano formando un cerchio, come il sole chiamato Girotondo (in russo “Хоровод”).

Questa danza è uno dei più antichi riti slavi associati al dio del sole Yarylo (“Ярило”). Gli uomini hanno mostrato la figura della danza di battaglia alla russa (accovacciati, in russo “вприсядку"). Davvero una bella esperienza per chi ha desiderato immergersi nella cultura russa e scoprire le sue tradizioni.

Ecco il video della serata!

 

“La zarevna morta e i sette eroi” di Aleksandr Puskin

Essenzialmente poeta lirico, Aleksandr Sergeevic Puskin è considerato il maggior autore russo, l'innovatore della lingua, il fondatore della letteratura moderna. Nelle lunghe serate trascorse a discorrere con la balia Arina Rodionovna s'innamorò della favolistica, cui si dedicò più tardi con alcune storie come “Il pescatore e il pesciolino” e “La zarevna morta e i sette eroi”. 

Dal 1827 al 1829 Puškin scrisse numerose liriche e affrontò la prosa con i primi capitoli del romanzo “Il negro di Pietro il Grande” e nel 1831 a Boldino, nella tenuta materna, dove si era recato per affari e aveva dovuto trattenersi per un'epidemia di colera, concluse “Eugenio Oneghine” e scrisse le tragedie: “Il cavaliere avaro”, “Mozart e Salieri”, “Il convitato di pietra,” e “Il festino durante la peste”.
Con “La figlia del capitano” (1836) Puskin diede al suo paese il capolavoro del genere, evocando la storia della rivolta di Pugacev. Nello stesso anno scrisse anche un poema dedicato alla figura di Pietro il Grande (cui già aveva dedicato il poema “Poltava”): “Il cavaliere di bronzo”. Più tardi scrisse ancora per il teatro, ma l'opera “Rusalka” rimase incompiuta. 

«LA ZAREVNA MORTA E I SETTE EROI»

Aleksandr Puskin (1799-1837)

Dalla zarina preso commiato
lo zar s'è tosto incamminato,
sola è rimasta lei a guardare
dalla finestra ad aspettare.
Da mane a sera siede ed attende,
fisso sui campi lo sguardo tende
e tanto guarda e tanto scruta
che ormai la vista ha quasi perduta.
E nove mesi già son passati
gli occhi dai campi mai ha levati;
giunto è Natale e alla vigilia
alla zarina Dio da una figlia.
Alla mattina proprio all'aurora
tanto invocato, alla buon ora
fa lo zar padre il suo ritorno,
da tanto atteso la notte e il giorno.
Mentre il suo amato alfin rimira
profondamente ella sospira
ma l'emozione più non sopporta
ed alla messa è bell'e morta. 

Grande la pena, lungo il dolore,
ma lo zar era pur peccatore:
passato un anno come in un sogno
di risposarsi sentì il bisogno.
A dire il vero quella sposina
non era indegna d'esser zarina:
bianca, ben fatta, assai slanciata,
era anche accorta ed assennata.
Ma era purtroppo vanagloriosa,
un poco fatua e assai gelosa
e come dote le avevan dato
solo uno specchio, però fatato:
era uno specchio particolare
perché sapeva anche parlare.
Solo con quello si divertiva,
sempre era allegra e assai giuliva
e volentieri con lui scherzava,
piena di vanto gli domandava:
«Specchio, specchietto dimmi tu il vero,
senza menzogna e per intero:
non sono al mondo io la migliore,
candida e rosa come un bel fiore?»
Le rispondeva lo specchio a tono:
«Di certo dubbi non ve ne sono:
tu mia zarina sei la migliore
candida e rosa come un bel fiore.»

Passato il tempo veloce è intanto
e zitta zitta, come d'incanto,
se n'è cresciuta la principessa,
s'è fatta grande e bella anch'essa.
Bianco è il suo viso, di ciglio è bruna,
d'animo è mite come nessuna.
Ed il destino per fidanzato
Elisej Prence le ha riservato.
La sera prima degli sponsali
mentre si prova i manti regali
sta la zarina con lo specchietto
e vuol sapere al suo cospetto:
«Dimmi, io al mondo son la migliore,
candida e rosa come un bel fiore?»
Ma ora lo specchio che le risponde?
«La tua bellezza certo confonde,
la principessa però è migliore
candida e rosa come un bel fiore!»
«Ah, vile specchio sii maledetto!
Questo lo dici per mio dispetto.
Con me non deve rivaleggiare,
tanta superbia le fo passare!
Niente da fare. E la zarina
piena d'invidia nera e meschina
sotto la panca lo specchio getta,
chiama la fida serva Neretta
e le comanda che lesta lesta
porti lontano nella foresta
la principessa tra i tronchi cupi
e ve la leghi in pasto ai lupi.

«Allora? - chiede già la zarina -
che fine ha fatto la graziosina?»
«Nella foresta sta tutta sola, -
quella risponde col pianto in gola»
Ma già si spande la triste nuova:
la principessa più non si trova!
Dello zar padre grande è l'angoscia,
ma Elisej Prence Dio prega e poscia
si pone in cerca della sua amata,
della regale sua fidanzata.

E la promessa sposa smarrita
tutta la notte vaga impaurita
nella foresta finché un sentiero
la mena a un tratto fino a un maniero.
Le corre incontro un can ringhioso
che poi si tace, si fa festoso,
così che quella varca la soglia
ma nel cortile non muove foglia,
soltanto il cane corre e l'aspetta.
La principessa pian, circospetta
sale le scale attentamente
e giunta all'uscio prende il battente.
La porta s'apre senza rumore
la principessa con gran stupore
scopre una stanza ben luminosa
intorno panche con stoffe a iosa,
desco di quercia con sopra i santi
la stufa splende a lei davanti.
Or la fanciulla ha ben capito
che buona gente vive in quel sito
e che li nulla dovrà temere
però nessuno si fa vedere.
Intanto gira per la magione
e in ogni cosa ordine pone.
A Dio riaccende subito il cero,
la stufa riempie ben per intero
poi sul soppalco sale spossata
e quieta giace li coricata.

L'ora di pranzo sta per suonare
s'ode in cortile gran calpestare:
entrano sette bei cavalieri
grandi, robusti, irsuti e fieri.
Dice il maggiore «Che nuova è questa?
Tutto è pulito e lustro a festa!
Certo qualcuno ha rassettato
la nostra casa, poi s'è celato
e qui ci attende: fatti vedere,
che amicizia sappiam tenere!
Se tu sei uomo di già canuto
per nostro capo sarai tenuto,
se sei invece giovane ardito
come fratello sarai gradito,
se sei una vecchia madre ti avremo
e grande onore ti renderemo.
Se sei fanciulla giovane e bella
ci sarai cara come sorella.»
La principessa prende coraggio,
esce e ai padroni rende il suo omaggio.
Si prostra a terra e come si usa
tutta arrossita domanda scusa
perché da sola ospite è entrata
benché inattesa e non invitata.

Passano i giorni, sfumano in nulla,
la principessa, regal fanciulla,
ed i suoi sette eroici amici
nella foresta vivon felici.
Ancora prima che faccia giorno
insieme i sette escono e intorno
già se ne vanno a passeggiare,
anatre grigie vanno a cacciare,
ad allenarsi un po' la mano
cercando duelli col mussulmano,
o anche a tagliare a sciabolate
tartare zucche nette spiccate,
oppur s'inoltran nel bosco basso
onde stanare di li il circasso.
E nel frattempo la giovinetta
a casa resta sola soletta
alle consuete faccende intenta
di star con loro è ben contenta
d'averla in casa lor sono grati
e cosi i giorni passan beati.
Tutti i sette come un sol cuore
per la fanciulla sentono amore
si che una volta sul far del giorno
le si presentan tutti all'intorno
e li per tutti parla il maggiore:
«Sai che sorella t'abbiamo in cuore
or però accade che quanti siamo,
sette fratelli, sette t'amiamo
e che sarebbe felice ognuno
d'averti in moglie, ma può sol uno.
Come Dio vuole fa tu qualcosa:
per uno almeno puoi essere sposa
per i sei altri sorella resta.
Per qual motivo scuoti la testa?
Forse l'offerta nostra tu sdegni?
Forse ti pare che non siam degni?»
«Nobili amici, fratelli amati,
voi valorosi ed onorati,
risponde loro la principessa
s'è una menzogna, possa per essa
farmi restare Dio fulminata
che posso fare? Son fidanzata!
Per me voi siete tutti alla pari
tutti vi stimo, tutti vi ho cari,
tutti vi amo sinceramente,
ma ad altro uomo eternamente
sono promessa da amor giurato
a Elisej Prence, mio beneamato».

La vil zarina intanto ora
la principessa ricorda e ancora
la sua bellezza non le perdona
e col suo specchio fa la musona
per lungo tempo fino a che un giorno
non scorda l'ira e fa ritorno
a lui davanti a rimirarsi
tutta sorrisi ed a vantarsi:
«Salve specchietto! Dimmi tu il vero
senza menzogna e per intero:
non sono al mondo io la migliore
candida e rosa come un bel fiore?»
A lei lo specchio pronto risponde:
«La tua bellezza certo confonde
ma senza averne mai gloria alcuna
tra verdi querce vive là una
con sette prodi, serenamente
ed è più bella sicuramente.»
E la zarina dalla Neretta
subito vola «Ah, maledetta,
m'hai ingannata! La principessa...»
Quella sgomenta tutto confessa.
La vii zarina allor catene
per lei minaccia e dure pene
e la fa sceglier: morir lei stessa
oppure uccider la principessa.

Così un bel giorno la principessa
mentre i fratelli a casa aspetta
alla finestra siede a filare,
ma a un tratto il cane sente abbaiare
e vede fuori tutta tremante
una suorina che mendicante
dal can si para con la stampella
«Nonnina, aspetta le grida quella
ora ti levo di torno il cane
e poi ti porto un po' di pane.»

«Questa bestiaccia è maledetta
fa in risposta fuor la vecchietta
bisogna, cara, che lo allontani,
qui manca poco che non mi sbrani!»
La principessa preso del pane
vuole andar fuori, ma pronto il cane
appena è uscita par che le dica:
«non t'accostare alla mendica!»
E se la vecchia un passo tenta
come una belva quello s'avventa.
«Ma che gli prende tutto ad un tratto?
Ha mal dormito o forse è matto
dice stupita la giovinetta
beh, prendi al volo!» E il pane getta.
Afferra il pane ben la mendica.
«Che Dio, carina, ti benedica!
Ma prendi in cambio almen qualcosa!»
E una dorata mela succosa
alla fanciulla giunge volando.
A balzi il cane va guaiolando
ma giunge tardi, che a volo, netta
già l'ha afferrata la giovinetta.
«Che questa mela possa giovarti
non ho altro modo per ringraziarti.»
dice la vecchia, la riverisce
e poi nel bosco lesta sparisce...
Ma a saltellare il cane insiste
e fissa in volto la guarda triste
come se in cuore sentisse pena
e ringhia e tutto poi si dimena
come volesse poterle dire
«Getta la mela, stammi a sentire!»
Lei lo carezza dolce e gli chiede
«Chetati caro, che ti succede?»
Ignara in casa, poi torna ancora
chiude la porta e come ognora
alla finestra siede a filare
mentre i fratelli resta ad aspettare.
Ma gli occhi ha sempre su quella mela
che la dolcezza sua le rivela
tanto è fresca e profumata,
parte scarlatta, parte dorata,
piena di miele pare e d'essenza
mostra i semini in trasparenza;
si, si, vorrebbe ben aspettare
l'ora di pranzo, ma come fare?...
Tanto che in mano già l'ha afferrata
ed alla bocca l'ha avvicinata;
ne morde un pezzo con labbra ghiotte
e con gran gusto poi se lo inghiotte...
Ma all'improvviso, ahi mia piccina,
le manca il fiato, tutta reclina
e le sue mani piano disserra
si che la mela rotola a terra,
rovescia gli occhi, cade in avanti
sotto le icone dei buoni santi
il capo adagia sopra la panca
e resta immota silente e bianca...
E cosi aspettan tre giorni in veglia,
ma dal suo sonno non si risveglia.
Funebre prece allor recitata
in una bara l'hanno adagiata
di sol cristallo ben trasparente
e tutti insieme van tristemente
a collocarla nella montagna
e mezzanotte già li accompagna.
Li a sei pali con gran catene
legan la bara appesa bene
poi all'intorno ben rinforzata
ancora innalzan alta inferriata.
Della sorella morta al cospetto
prostrato a terra con gran rispetto
dice il maggiore: «Dormi qui in pace
nella tua bara. Odio rapace
ha presto spento la tua bellezza.
L'anima porti in ciel la brezza.
Tutti noi sette t'abbiamo amata
al tuo promesso t'abbiam serbata.
Ma ahimè nessuno ti fu mai sposo
sol questa bara ti da riposo.»

Elisej Prence va galoppando
pel vasto mondo sempre cercando
la sua promessa da che l'ha persa
lacrime amare intanto versa.
Fugge lontano veloce il vento,
Elisej Prence piange sgomento,
verso quel luogo si getta allora
perché una volta almeno ancora
vuoi rivedere la sua fanciulla.
Ecco davanti gli s'erge brulla
l'alta montagna in una spoglia
vasta pianura e nera soglia
d'antro si apre sotto di essa.
Egli veloce dentro s'appressa.
A lui davanti nel buio greve
cristallo puro dondola lieve,
la lustra bara e dentro quella
l'eterno sonno dorme la bella.
E sulla bara della sua amata
vibra tremenda una mazzata.
Quella si spezza ed immediata
ritorna in vita la fidanzata.
Si guarda intorno stupitamente
e le catene dondolan lente,
poi un sospiro profondo esala
«Quant'ho dormito!» dice e si cala
fuor dalla bara come d'incanto
ed ambedue scoppiano in pianto.
La prende in braccio lui e la conduce
via da quell'antro fuori alla luce.
Poi chiacchierando senza più affanno
felici a casa ritorno fanno,
e già veloce la nuova è andata:
la principessa viva è tornata!
Intanto a casa inoperosa
sta la matrigna vile e invidiosa
allo specchietto caro davanti
e ancor domanda come già avanti:
«Non sono dunque or la migliore
candida e rosa come un bel fiore?»
A lei lo specchio pronto risponde:
«La tua bellezza certo confonde,
la principessa però è migliore
candida e rosa come un bel fiore.»
Or la matrigna s'infuria e piange
ed il suo specchio a terra infrange
corre alla porta e su di essa
incontra proprio la principessa
si che le prende un colpo al cuore
e la zarina malvagia muore.
Appena quella han sotterrata
gran cerimonia vien celebrata:
Elisej Prence la fidanzata
or finalmente ha impalmata.
E mai al mondo s'era sentito
di si fastoso, ricco convito.
C'ero, io. Birra e miei m'han dato
tanto che i baffi sol ci ho bagnato!

 

Traduzione dal russo all’italiano di Saverio Reggio
Fonte: www.arcarussa.it

Le differenze tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa

Il 12 febbraio all'Havana (Cuba) si è tenuto per la prima volta un incontro tra il patriarca Kirillo e Papa Francesco. Questo incontro storico è stato organizzato per trovare una linea d’azione comune per offrire assistenza alle comunità cristiane in Medio Oriente, tuttavia molti problemi tra la Chiesa Ortodossa russa e la Chiesa Cattolica romana restano tuttora irrisolti. 

Quali sono questi problemi? Come sono percepite le differenze tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica?
 

La visione cattolica sulle differenze e somiglianze tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa

Secondo i cattolici, il Cattolicesimo è una Chiesa universale. Tutte le parti di essa nei diversi paesi del mondo sono in comunione con gli altri, condividono una fede comune e riconoscono il Papa come loro capo. Le chiese Protestanti e la Chiesa Ortodossa invece includono diverse Chiese indipendenti l'una dall'altra. Dunque, la prima differenza tra Chiesa Cattolica e Ortodossa consiste nella diversa concezione dell'unità della Chiesa. 

Per la Chiesa Ortodossa è sufficiente condividere la stessa fede e gli stessi sacramenti ma, diversamente dai cattolici, non riconoscono il primato del Papa. 

La Chiesa Cattolica professa che il sacramento del matrimonio è per la vita intera, quindi vieta il divorzio (tranne i casi di annullamento del matrimonio dovuti a determinate circostanze); la Chiesa Ortodossa consente il divorzio in casi come l'adulterio, che distrugge il matrimonio e permette alla parte innocente di risposarsi. 

La Chiesa Cattolica crede nel dogma del purgatorio, il luogo dove si trovano le anime destinate al paradiso ma non ancora pronte per andarci. Nella dottrina ortodossa il purgatorio non c'è, ma le preghiere ortodosse per i morti suggeriscono che esistano anime che si trovano in uno stato intermedio e per le quali esiste ancora la speranza di entrare nel paradiso dopo il Giudizio Universale. 

La Chiesa Cattolica ha adottato il dogma dell'immacolata concezione della Vergine Maria. Questo significa che il peccato originale non ha toccato la Madre del Salvatore. Gli ortodossi riconoscono la santità della Madre di Dio ma credono che sia nata con il peccato originale, come tutte le altre persone. 

La Chiesa Cattolica infine sostiene la fede in un solo Dio che unisce sia i cattolici che gli ortodossi; professano e predicano in tutto il mondo la stessa fede e la stessa dottrina di Gesù Cristo. 

La visione ortodossa sulle differenze e somiglianze tra la Chiesa cattolica e la Chiesa Ortodossa

La scissione tra la Chiesa Cristiana Unita in due chiese, quella ortodossa e cattolica, si è verificata nel 1054. Sia la Chiesa Ortodossa che quella Cattolica romana ritengono essere l'unica “Chiesa santa cattolica e apostolica”. 

La religione ortodossa professa due modi diversi della vita della Santa Trinità: l'esistenza delle tre persone in un’unica entità e la loro manifestazione nella potenza. I cattolici romani, come Bernardo Massari, credono che l'energia della Trinità sia stata creata: il roveto ardente, la gloria, la luce e le lingue di fuoco della Pentecoste sono i simboli creati, che una volta sorti, poi cesseranno di esistere. 

La Chiesa Cattolica considera la benevolenza del Dio una conseguenza della ragione di Dio, come l'atto della creazione. Lo Spirito Santo nel cattolicesimo viene interpretato come l'amore (legame) tra Padre e Figlio, tra Dio e gli uomini, mentre secondo l’ortodossia l'amore è l'energia totale di tutte e tre le entità che costituiscono la Santa Trinità, altrimenti lo Spirito Santo - essendo identico all’amore - perderebbe la sua ipostasi. 

L'ortodossia respinge anche il dogma cattolico dell'assunzione di Maria in cielo, rifiuta il dogma dell'infallibilità del Papa e il suo primato su tutti i cristiani. Non accetta inoltre la dottrina del purgatorio, così come la dottrina dei "meriti supererogatori dei santi". 

Nella dottrina ortodossa esiste la concezione delle traversie della vita, assente invece nel Cattolicesimo. 

Gli Ortodossi hanno due visioni differenti sui cattolici: la prima considera i cattolici come eretici, che hanno distorto il Symbolum Constantinopolitanum; la seconda considera i cattolici come scismatici (dissidenti), fuggiti cioè dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo. 

I cattolici, a loro volta, credono che gli ortodossi siano scismatici tuttavia non li considerano come eretici. 
 

Le differenze tra i riti bizantini e latini

Nel rito latino è comune il battesimo per aspersione, piuttosto che per immersione. La formula battesimale è leggermente diversa. 

La chrisma nel rito latino viene eseguita dopo aver raggiunto l'età del discernimento e si chiama “confermazione”, nel rito orientale invece si compie subito dopo il sacramento del battesimo. Il battesimo per aspersione è arrivato nella chiesa ortodossa dalla chiesa cattolica. 

Nel rito orientale la prima comunione dei bambini si celebra nella prima infanzia, invece nel rito occidentale solo all'età di 7-8 anni. 

Nel rito occidentale la Liturgia si fa con il pane azzimo, mentre nella tradizione orientale con il pane lievitato (prosfora). 

Anche il segno della croce presenta delle differenze: gli ortodossi lo eseguono da destra a sinistra, mentre i cattolici da sinistra a destra. 

Nel rito latino i sacerdoti non possono essere sposati (salvo rari casi) e sono tenuti a mantenere il celibato prima di prendere gli ordini sacri. Nella chiesa orientale, il celibato è obbligatorio solo per i vescovi. 

Nel rito occidentale è comune inginocchiarsi, in quello orientale invece ci si prostra a terra (in russo “земные поклоны”). Le chiese latine mettono le panche con ripiani per la genuflessione (i credenti possono sedersi solo durante le letture del Vecchio Testamento e le letture Apostoliche, i sermoni e le offerte), invece per il rito orientale è importante che sia sufficiente lo spazio per la prostrazione. 

La Chiesa Ortodossa e Cattolica usano diversi calendari pasquali, per cui la Pasqua coincide solo nel 30% dei casi. Il digiuno cattolico è meno rigoroso rispetto al digiuno ortodosso, anche se le sue norme sono state allentate nel corso del tempo. L'eucarestia minima nel Cattolicesimo è di un'ora, nella Chiesa ortodossa invece non meno di 6 ore al giorno, nelle messe notturne a Pasqua o Natale. 

Per l'alto clero ortodosso è comune portare la barba, mentre il clero cattolico è generalmente senza barba. Gli ortodossi ricordano i morti il 3°, 9° e 40° giorno dopo la morte, i cattolici il 3°, 7° e 30° giorno.